martedì 11 giugno 2013

Partnership al progetto


Partner del mio progetto : Viviana Ruisi, insegnate in una scuola materna e responsabile della sicurezza all’interno della scuola di Magliano Sabina.


Intervista
Ho iniziato l’intervista parlando dell’area di progetto e della situazione ad oggi del quartiere, la prima domanda è stata:

Conosce l’area di progetto?
Si, ma non molto dal punto di vista dei servizi e delle esigenze del quartiere.

Dopo una breve spiegazione del programma funzionale, gli ho chiesto:

Per lei ho trascurato qualche funzione?
No, è giusto tutto il tuo ragionamento sulle funzioni e sulla loro disposizione “graduale” che si riferisce alle varie attività nell’arco della giornata. Le uniche due funzioni che inserirei sono una segreteria e una pediatria, la prima per avere un punto di riferimento amministrativo del complesso e la seconda perché si sa come sono i bambini! Si fanno male con tutto!!

Sono entrata nel dettaglio degli spazi per i bambini, e gli ho chiesto:

Per quanto riguarda gli spazi e quindi le “accortezze” da avere per un luogo a misura di bambino, a cosa devo stare attenta negli spazi interni?
Prima cosa importante, i bagni! Non serve una porta di ingresso al bagno e per ogni wc è preferibile avere un elemento di separazione con una porta a ventaglio per non avere il problema dell’altezza delle maniglie e a possibilità che il bambino si chiuda dentro.
Attenzione alle vetrate, che sia visibile la parte trasparente ad altezza bambino, altrimenti non la vede e ci va a sbattere!
Ricordati di fare l’altezza degli scalini a misura di bambino, tra i 12-14 cm, e che il corrimano sia ad un’altezza di 75 cm.
Per quanto riguarda la sala lettura, per esperienza personale non servono i computer, poiché molti genitori sono contrari al loro uso.

E negli spazi esterni?
Negli spazi esterni puoi mettere un prato sintetico oppure una pavimentazione antishock o antitrauma.
E’ molto interessante l’idea degli orti urbani per avvicinare i bambini al mondo della natura, è un rapporto che nel passato è stato tralasciato e quindi al giorno d’oggi è bello che si riprenda il contatto con essa.





martedì 9 aprile 2013

HERMAN HERTZBERGER - SPAZI A MISURA D'UOMO, Pierluigi Fiorentini


L’architettura del nostro tempo tende a manipolare le forme in maniera indifferente o straniante nei riguardi del fruitore.
La ricerca di Herman Hertzberger si stacca da questo e sviluppa un idea di architettura intesa come opera al servizio dell’uomo, in grado di rispondere efficientemente ai suoi bisogni materiali e alle sue esigenze psicologiche.

Herzberger concepisce gli spazi a partire dai soggetti che in essi si muovono, abitano e trovano riparo; non è l’edificio in se ad essere oggetto di studio, quanto i suoi intrecci con aspetti di carattere psicologico, antropologico e comportamentale, spazi capaci di ospitare, stimolare l’apprendimento e la creatività.
La definizione delle scelte dell’iter progettuale non più è affidata ad una “sintassi visiva” che si avvale di alcuni sistemi di controllo come allineamenti, geometrie e proporzioni, ma sembrano costruiti dall’accostamento di situazioni esistenziali reali.
L’architetto rinuncia alla volontà di plasmare il mondo secondo le sue idee e diventa un interprete attento che sa ascoltare e comprendere l’uomo.
Un esempio di questo è la scuola Montessori di Delft (1960), edificio che ha subito successivi ampliamenti rivelando una grande duttilità nell’adeguarsi al mutare delle situazioni ed esigenze.
Le aule sono unità autonome disposte intorno all’atrio, come piccole case lungo una strada comune; non esistono relazioni gerarchiche tra insegnanti ed allievo, come è tradizionalmente, il compito del maestro è preparare un ambiente stimolante in cui i bambini vivono liberamente al suo interno e nel quale possono sviluppare in autonomia le loro facoltà fisiche, mentali ed emotive.
Il tutto si basa sulla simultaneità delle diverse attività basata sulla libera scelta dei bambini; vi è un attenzione fortissima a evitare ambienti anonimi e impersonali dando spazio ad un senso di domesticità, di calore e di protezione.
Vi è inoltre il bisogno di radicarsi, di costruire luoghi significativi in cui riconoscersi.

Lo sforzo di immaginare le sensazioni e i desideri delle persone, nel loro rapporto con gli spazi dell’architettura, porta Hertzberger a sperimentare soluzioni in cui un ruolo importante è la partecipazione creativa degli utenti.
Il progetto delle case Diagoon (anni 70) segna il passaggio dall’imposizione di modelli precostituiti a un principio di organizzazione in cui è lasciata all’individuo la facoltà di elaborare un proprio modello spaziale, per far si che egli si possa identificare in esso.

La città è un sistema in continua trasformazione,  ma vi sono esempi di strutture urbane che nei secoli hanno mantenuto la loro identità, ossia la forma architettonica sopravvive alle vicende della storia proprio grazie alla sua attitudine ad adattarsi a nuovi usi e ad ospitare funzioni diverse da quelle per cui era stata pensata. La disponibilità al mutamento diventa il punto di forza dell’architettura di Hertzberger.

Egli guarda alla città compatta tradizionale come un “libro di pietra” da cui trarre indicazioni ed insegnamenti, mentre gli spazi aperti moderni sono, secondo lui, destinati a diventare “terre di nessuno”, le strade e le piazze della città compatta sono accuratamente dimensionati ed articolati.
Soprattutto nel progetto di edifici pubblici egli sembra di voler portare la complessità degli spazi urbani all’interno della sua architettura.
Fondamentale è lo spazio centrale di questi edifici, che contiene tutti gli elementi di circolazione, ne scaturisce un edificio come una piccola città, il sistema distributivo è pensato come una rete di strade, in cui interno ed esterno si sovrappone. Inoltre più grande è la distanza dell’edificio dalla città e tanto più al suo interno deve esserci una qualità urbana.
Un esempio è il collegio Montessori (1999), periferia est di Amsterdam.  Egli parte da un idea di città, in cui gli spazi connettivi sono pensati come aree di flusso e come zone di relazione, in cui è possibile soffermarsi e riunirsi, proprio come nelle strade e nelle pizze della città.